Fulvio Bianconi (Il vetro come passione)

Chissà che binario che gavaria ciapà se non gavesse incontrà Dino: prima col paneton e dopo con la Contessa Azurra, ghem finì parfin col fare i veri!
(Chissà quale strada avrei intrapreso se non avessi incontrato Dino: all’inizio con il panettone, poi con la Contessa Azzurra, siamo finiti persino a fare vetri. ndr)

In queste parole pronunciate in stretto dialetto veneziano è riassunta una parte della carriera di Fulvio Bianconi, poliedrico pittore, illustratore, grafico e artista, innamorato dell’Arte vetraria attraverso la quale è noto in tutto il mondo.
Fulvio era nato a Padova nel 1915 e fin da giovane aveva rivelato una spiccata predilezione per il disegno. Per circa tre anni, tra i sedici e i diciannove, aveva lavorato nelle fornaci di Murano come apprendista decoratore a fianco di Cappellin, esperienza che in seguito doveva rivelarsi preziosa per il suo futuro. Ma a quell’età, più che ai vetri, Bianconi era interessato alla pittura e già stava facendosi un nome come ritrattista. Fu in quel periodo che conobbe Dino Villani (il Dino che viene nominato più sopra), personaggio emblematico che in più di cinquant’anni di carriera, dal 1930 agli anni 1980, fu protagonista di eventi pubblicitari che hanno contribuito a variare, in un modo o nell’altro, il nostro vivere quotidiano.


La “destinazione” del giovane Dino Villani era quella di fare il capostazione a Suzzara, un tranquillo impiego statale scandito dal passaggio di convogli “sempre puntuali” (era il periodo in cui il fascismo si vantava della puntualità con cui i treni arrivavano e partivano dalle stazioni), senonché la sua incompatibilità con il regime lo convinse a abbandonare il lavoro. Si impiegò quindi come contabile presso la ditta Fratelli Bertazzoni, ma l’abilità nel disegno gli fece accantonare le quotidiane “partite doppie” per dedicarsi alla realizzazione di annunci pubblicitari finché, abbandonato l’impiego e trasferitosi a Milano nel 1930, divenne redattore della rivista “L’Ufficio Moderno”. E fu a Milano, nel 1933, che incontrò Fulvio Bianconi.
Dino, più anziano di tre lustri, comprendendo le potenzialità artistiche del giovane lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, e quando divenne capufficio pubblicità alla Motta lo chiamò presso di sé per lavorare alle illustrazioni del famoso panettone.
Nel 1939 Villani si trasferì alla Giviemme dove creò i concorsi Cinquemila lire per un sorriso (che nel dopoguerra divenne Miss Italia), Il film della vostra vita, La bella Italiana nella pittura contemporanea, e anche qui volle Fulvio Bianconi -che oramai si era fatto un nome nel mondo dell’Arte- per la realizzazione di alcuni ritratti e per le illustrazioni del profumo Contessa Azzurra.

La guerra segnò un momento di pausa nell’attività pubblicitaria, finché nel 1947 Fulvio fu incaricato dalla Giviemme di recarsi a Murano, presso la fornace Venini, dove avrebbe dovuto disegnare alcuni flaconi di profumo e collaborare con il maestro soffiatore Arturo Biasutto detto Boboli. È in quel periodo che nasce in Bianconi la passione per il vetro, una passione che facilmente contagia chi scopre quest’Arte apparentemente semplice, fatta di grandi tradizioni, moderne intuizioni, abile manualità, ricerca incessante sul materiale, ispirazione e genialità artistica.
È bene porre in evidenza che per l’Arte vetraria veneziana il vetro è una materia plastica da modellare e soffiare a caldo nelle più raffinate forme e nei più variegati colori, ponendosi con ciò in contrasto con altre lavorazioni che tradizionalmente utilizzano un impasto monocromo da modellare negli stampi e, una volta indurito, eventualmente valorizzandolo con il taglio.
Questo modo di interpretare la materia ha sviluppato nel tempo una scuola vetraria che è divenuta peculiarità di Venezia raggiungendo l’apice artistico con grandi esempi di virtuosismo stilistico.


Così la lavorazione del vetro viene descritta da un autore muranese:
L’Arte nasce quando i cuori del Maestro soffiatore e dell’Artista battono all’unisono. Il Maestro studia i disegni che gli ha sottoposto l’Artista, li commenta, ne intuisce l’anima, poi leva dalla fornace la materia, la pone all’apice di una lunga canna cava nella quale soffia. La massa prende forma, si ingrossa, torna a scaldarsi nella fornace per poi essere di nuovo levata dalla fiamma. Il Maestro la modella con strumenti antichi, taglia con il tagliante, la borsela o la borsea par vasi il tenero impasto viscoso, ancora soffia nella canna mentre l’Artista guida i movimenti; basta un suo gesto, anche minimo, e il Maestro coglie il suggerimento: un fiato più intenso o leggero, una rotazione della canna e l’Idea prende corpo. Un ripensamento, un’intuizione e l’opera si modifica all’istante per godere di una maggiore trasparenza o di una luce che ne modella le forme. Il vetro si raffredda, bisogna fare presto. Il Maestro con gesti atavici, gli stessi dei suoi antenati, stacca il vetro dalla canna e con tocchi rapidi e sicuri completa l’opera. Ora i due artefici, il Maestro e l’Artista, sono vicini agli dei: hanno ‘creato’. È possibile, certo, ripetere l’opera, ma non sarà più possibile rivivere il momento, unico, magico, l’atto sublime della creazione artistica.
Centinaia sono le opere uniche che Fulvio Bianconi ci ha lasciato e che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Egli stesso in una riflessione sul vetro d’arte aveva annotato: […] allora il vetro d’arte deve essere unico; ripetuto, perde il fascino…
Bruno Munari così lo descriveva: ‘[…] egli ama andare direttamente in fornace a lavorare insieme al Maestro, ed è tanto il furore col quale realizza i suoi vetri che riesce a entrare nell’animo del Maestro e a farlo agire secondo il proprio volere.
Fulvio Bianconi scoprì a Murano una nuova espressione che ben si accordava con le sue note artistiche.
Per Giviemme concepì i primi flaconi disegnando e collaborando alla realizzazione dei flaconi Le Quattro Stagioni,

di cui ogni esemplare (contenuto in una confezione colorata a mano dallo stesso Bianconi) venne inizialmente “tirato” dai Maestri vetrai di Venini, in cinquecento pezzi, con un lavoro che occupò le piazze della vetreria (il luogo dove operano i Maestri e i lavoranti -da due a sette-) per alcune settimane. Infatti, utilizzando la tecnica a mano volante e le quattro canne per soffiare il vetro sottile, il tempo necessario per la soffiatura e la modellatura di ogni esemplare può essere quantificato in circa quattordici-quindici flaconi al giorno per piazza. Gli esemplari vennero quindi realizzati nello spazio di qualche mese, a mano a mano che la Giviemme li richiedeva.
In seguito vennero disegnati da Bianconi flaconi per Contessa Azzurra, Gardenia e altre fragranze Giviemme: esemplari sempre numerati, firmati dall’Autore e dalla Venini che li aveva prodotti.
Lo stesso Paolo Venini, intuite le potenzialità di Bianconi, lo volle come direttore artistico e già nel 1948 la fama dell’Artista valicava i confini nazionali con la creazione di Le figure della Commedia dell’Arte presentate alla Biennale di Venezia e modellate dalla mano del maestro Boboli.


Per la prima volta un Artista rompeva con la tradizione muranese che prediligeva la realizzazione di vasi, specchi, lampadari, contenitori e soprammobili per dedicarsi, in modo ironico e divertente, alla creazione di pupazzi in maschera, e evitando con finezza il kitsch sempre presente in questo tipo di figure utilizzando vetro lattimo e paste di vetro colorate.
Bianconi non fu soltanto artista del vetro e pittore. È stato definito: Eclettico e dotato di un talento poliedrico […] Bianconi è tra i pochi grafici della sua generazione, tutti con una formazione d’artista, riusciti a passare dalle copertine a ritagli alle collane ipersistematiche e aniconiche come la biblioteca blu della Garzanti.


Milanese di adozione, Fulvio Bianconi operò nella città lombarda, a fasi alterne, per circa sessant’anni disegnando copertine, illustrando centinaia di libri, dipingendo numerose tele e utilizzando spesso tecniche, materie e tecnologie innovative.
Bruno Munari, suo caro amico insieme a Cesare Zavattini, disse di lui: ‘[…] Bianconi disegna continuamente. Intendo dire che disegna mentre mangia, mentre parla, mentre cammina per la strada, disegna in vaporetto, alle mostre, alle conferenze, dappertutto e in ogni momento’.
Ma forse il suo vero grande amore rimase per tutta la vita il vetro.

Ancora Munari scriveva: Quando Bianconi ha una certa quantità di schizzi e di appunti relativi ai vetri, parte e va a Murano dove, in alcune fornaci, i maestri vetrai lo aspettano per lavorare assieme.
E Bianconi parlando di sé: ‘[…] a poche persone come a mi ghe xe capità de aver tutto sto tempo libero…’
Fulvio Bianconi è scomparso a Milano il 14 maggio 1996.


‘Chanel N°5 va alla guerra’ il romanzo di Giorgio Dalla Villa è su Amazon Libri. 

Un’avventurosa vicenda realmente accaduta durante la Seconda guerra mondiale e mai raccontata. Il viaggio di Gregory Thomas dagli Stati Uniti alla Francia , una discesa nei gironi infernali della guerra, un lungo percorso per raggiungere Grasse in compagnia di una donna determinata e inesorabile, per sottrarre ai tedeschi le preziose concrete di gelsomino e contrabbandarle negli Stati Uniti. 

Cliccare sul link:      https://www.amazon.it/Chanel-N°5-va-alla-guerra/dp/B09PMBSQ5K

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: